È da un po’ di tempo che non scrivo sul sito purtroppo, anche se ho l’impressione di non fare altro che scrivere a dire la verità: tra le collaborazioni con Eticamente.net e Sophia-Donne che ispirano, le storie mitosofiche, e le favole sciamaniche che sto scrivendo in questo periodo, devo ammettere di aver tralasciato un po’ queste pagine che per me hanno sempre rappresentato una sorta di diario nel quale condividere pensieri, riflessioni ed insegnamenti pratici.
Eccomi quindi alla conclusione di un altro giro di ruota con la linfa che mi solletica le radici: ho la testa piena di sogni ma soprattutto sto raccogliendo pian piano i frutti di molte semine fa, tra cui uno di cui sono particolarmente fiera: Il canto dei grandi Alberi (la prima storia che scrissi anni fa) è entrato nello studio di una psicoterapeuta di Napoli per sostenere le persone nel loro percorso di guarigione. E questo rappresenta per me, inutile dirlo, un’immensa gioia!
Detto ciò, tenevo ad aprire anche una piccola parentesi prima di proseguire con la mia piccola riflessione settembrina per aggiornarti di alcuni cambiamenti, soprattutto per ciò che riguarda il percorso di Mitosofia perché ora, si delinea in 4 vie: sia per venire incontro a chi desidera semplicemente scoprire la storia della propria Anima e non è nelle condizioni di poter sopportare un lavoro interiore di una certa entità, si a chi invece desidera proseguire al di là del mese previsto dal percorso.
Una cosa rimarrà invariata: verrà piantato un albero per chiunque richiederà la propria storia che segua il percorso oppure no; perché soprattutto in questo periodo è importante piantare alberi. L’alberò sarà piantato attraverso Tree-Nation, un’associazione che raggruppa i più grandi progetti di riforestazione nel mondo.
Detto ciò, torniamo alla riflessione di cui accennavo nemmeno tanto velatamente nel titolo…
Basta davvero solo meditare o pregare quando si lavora spiritualmente?
I disastrosi incendi avvenuti quest’estate non saranno senza conseguenze perciò credo che soprattutto per chi lavora nel campo olistico, sia importante agire in maniera concreta per proteggere quella natura di cui spesso dimentichiamo di far parte, ovvero, agire in maniera concreta (promuovendo una maggiore attenzione verso l’ambiente, piantando alberi, ecc.). È un’ottima cosa meditare e pregare per ciò che riteniamo importante ma per ciò che riguarda il mondo, la natura, non basta: non basta meditare “per”, bisogna agire in qualche modo. So per esperienza che quando la sfera spirituale è molto importante nella propria vita, si tende a “spiritualizzare” un po’ tutto e a dimenticare l’aspetto concreto delle cose. L’ho fatto in gioventù, convinta che se avessi mandato delle buone vibrazioni e tante benedizioni, le cose sarebbero andate meglio. È utile, ma non basta.
Faccio un esempio semplice: se vedo un albero malato, non basterà abbracciarlo o pregare per lui, dovrò curarlo, tagliare i rami secchi, nutrirlo.
Se non c’è una corrispondenza concreta e materiale nel mondo dove viviamo, tutto il lavoro che possiamo fare al livello spirituale rischierà di avere un effetto a metà, di non scendere nella materia. Spirito e materia devono fondersi per portare guarigione quindi non sto dicendo che ciò che facciamo al livello spirituale non abbia effetto, anzi! Semplicemente, bisogna ricordarsi che tutto questo lavoro energetico e spirituale deve radicarsi nel mondo, deve tradursi in un’azione, un impegno concreto.
Altrimenti rischiamo di essere presenti solo nell’astratto e di non esserci nella concretezza delle cose. Se faccio un lavoro di guarigione sulle mie emozioni e giungo alla conclusione di essere guarita ma basta un non nulla per fare scattare in me un’ira funesta, è molto probabile che in realtà io non sia guarita come pensavo. Perché questo mondo materiale della nostra vita quotidiana è il reale giudice della nostra crescita e del nostro miglioramento: se il cambiamento interiore che ho fatto non passa l’esame della concretezza quotidiana, significa che il lavoro non è terminato.
Giorgio Gaber illustrò a meraviglia questo problema nella sua canzone “Un alibi” con queste sagge parole:
C’è persino chi riesce ad inventarsi un amore infinito
per le pene lontane di chi sta soffrendo
le sue braccia sono troppo corte per sfiorare un amico
ma abbastanza lunghe per abbracciare il mondo.
Essere spirituale o essere semplicemente più umano?
Ed è questo paradosso che viviamo quando parliamo di amore incondizionato e non riusciamo ad amare nemmeno noi stessi. Perché il pericolo della spiritualità è di diventare una scappatoia: un fuggire dalla realtà creandosene una nuova invece di migliorare quella nella quale viviamo.
Quindi, a conti fatti, non credo che esistono delle persone spirituali, quelle che rimangono connesse al mondo senza agire concretamente in esso, invece credo che esistono delle persone profondamente umane che si investono, corpo ed anima, in questo mondo. Il lavoro spirituale ed energetico deve sostenerci, aiutarci a vivere ed evolvere in questo mondo.
Potrebbe essere utile ritornare semplicemente con i piedi per terra e lasciare andare quell’idea che dobbiamo illuminarci a tutti i costi per sentirsi realizzati. Magari basterebbe semplicemente agire per il bene nostro e quello altrui, essere coerenti con ciò in cui crediamo e permettere alla nostra crescita interiore di tradursi concretamente nel mondo.
Io proporrei di tornare ad essere più umani, semplicemente e profondamente umani.
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