Oggi voglio parlare di qualcosa che mi sta particolarmente a cuore: la crisi, quella brutta e cattiva che ti fa perdere la speranza di rialzarti un giorno.
Cosa fai quando devi affrontare i momenti di crisi profonda
Ricevo molto spesso delle mail di persone che attraversano un periodo molto difficile della loro vita, che non riescono ad uscire dalle “montagne russe”, che perdono fiducia in se stesse e hanno paura di non farcela.
E so per esperienza che quando ti ritrovi in crisi, hai bisogno di qualcosa o qualcuno che ti aiuti a ritrovare la speranza. Ma per uscire da quei momenti, la speranza non basta.
Il semplice sperare che il tempo cambierà le cose non può bastare: sarebbe come rimettersi nelle mani del destino sperando che ci porti in un porto sicuro, al riparo della tempesta.
Ma le prove non servono a questo.
→Leggi anche: “Il dolore buono che ti mette alla prova”
In tutti questi anni, ho potuto vedere che ci sono principalmente due approcci diversi quando si chiede aiuto a qualcuno per uscire da un momento di crisi profonda:
- L’approccio passivo.
- L’approccio attivo.
L’approccio passivo: il rischio di diventare una semplice comparsa nella tua vita
Nell’approccio passivo, ci si rimette nelle mani di qualcuno altro, sperando che possa risolvere la situazione. Non gli si chiede di guidarci fuori dal pericolo, ma di remare al posto nostro e di portare la nostra barca in salvo.
Questo approccio è naturale all’inizio, soprattutto quando non si sa più dove sbattere la testa, quindi è comprensibile, ma diventa nocivo quando diventa sistematico, quando si conta esclusivamente sulla forza dell’altro per uscire dal problema. Si rischia così di diventare semplici comparse nella propria vita e di non sviluppare ciò che l’approccio attivo, invece, fa emergere.
Oltre a questo, c’è un rischio davvero importante che mi preme che tu capisca: rimettendoti nelle mani di qualcuno e affidandoti quindi ad esso senza che ci sia una partecipazione da parte tua, rischi di entrare nel circolo vizioso della dipendenza.
In pratica, ti ritroverai a fare sempre più affidamento sull’altro e sempre meno sulle tue proprie forze e capacità di venirne fuori, portandoti ad avere sempre meno fiducia in te, ad avere meno autostima e la cosa peggiore di tutte, a mio avviso, è che questo comportamento avrà un effetto “castrante” sul tuo sviluppo personale.
Lo ripeto, la mia è solo una visione “sul terreno” di queste dinamiche ed è quindi personale, ma se da una parte l’approccio passivo non è nocivo se confinato alla fase iniziale e per un tempo molto limitato nel tempo, può invece diventare estremamente nocivo a lungo termine.
Ecco il motivo per il quale, nel caso tu mi chiedessi di risolvere i tuoi problemi senza nessuna partecipazione da parte tua, senza che tu t’impegna ad uscire da quella crisi lavorando seriamente su di te, non potrò fare, ahimè, nulla per te.
Sicuramente troverai una miriade di persone lì fuori che non aspettano altro che avere dei “clienti fissi” ma non fa per me: andrebbe contro ciò in cui credo.
E no, non se ne parla proprio. Mi spiace.
L’approccio attivo: riprendi i redini in mano
L’approccio attivo è molto diverso e di gran lunga ciò che mi dà voglia di spostare le montagne appena lo vedo nelle persone che mi contattano.
Questo approccio invece è quello delle persone che vogliono cambiare la propria vita, sì, ma vogliono farlo da capitano della propria nave, non esitando un istante ad affrontare quei mostri che si nascondono al buio. Sono persone che non hanno paura di fare il lavoro sporco, quello di scavare dentro e sbrogliare i propri nodi.
Sono persone che vogliono tenere i redini della propria vita in mano e che cercano, non un salvatore, ma una guida, qualcuno che gli stia accanto, che stia lì a tenere l’altro lato della fune nel caso la tempesta si facesse troppo burrascosa ma che vogliono uscirne sulle loro gambe.
Sono persone che cercano una mano, una bussola, che hanno bisogno di uno strumento e che sono disposte davvero a cambiare loro stesse per cambiare vita; non cercano qualcuno che faccia il lavoro al loro posto.
Perché non è possibile pretendere cambiare vita se non si è disposti a lasciar andare ciò che l'ha resa così problematica. Condividi il TweetIn cosa consiste il lavoro interiore
Quando si parla di lavoro interiore non si può delineare una prassi precisa per tutti, quindi non posso farti una lista dei passi da fare per risolvere i tuoi problemi, perché ogni percorso è personale.
Molto dipende da te: che sia al livello “visibile” (emozioni, comportamenti, ecc.) o “invisibile” (problemi trasmessi dai tuoi Antenati, blocchi inconsci, ecc.).
Come puoi vedere, nessun percorso, che lavora in modo profondo in base alle tue necessità reali, può essere standard. Ecco perché richiede più lavoro: bisogna fare uno studio approfondito di ciò che si nasconde sotto la superficie per dire di fare un lavoro fatto bene.
Immagina per un istante di dover spostare un iceberg: se agisci solo sulla parte emersa mentre la corrente lo porta nella direzione opposta, non riuscirai a fare un granché. Se invece agisci sulla parte sommersa, le cose possono cambiare drasticamente.
Io posso aiutarti nel darti una mappa, nel farti da guida, nel tenere la corda per evitarti di cadere giù dal burrone, ma capisci che è un percorso in cui non potrò tenerti in spalla e camminare al posto tuo.
→ Qui, ti spiego cosa posso fare per te
Il lavoro interiore, quello che ti assicura di sfruttare i momenti di crisi e di trasformarli in opportunità, ti richiede di camminare sulle tue gambe.
Lo è per diversi motivi, ma quello che a mio avviso è il più importante è questo: rispetta il tuo essere, il tuo libero arbitrio, la tua essenza; e soprattutto ti permette di diventare più forte, di superare quel momento di crisi e di renderti conto di ciò che sei in grado di fare.
Questo approccio ti restituisce non la speranza, ma la fede: quella in te stesso/a.
Ed è l’unico in grado di renderti libero/a.
“Solo chi ha superato le sue paure sarà veramente libero.”
— Aristotele
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2 Comments
Ho letto parole che già avevo sentito e avevo interiorizzato. Le tue comunque mi hanno toccato in maniera particolare. Mi parli di un percorso che sto inziando a conoscere , ho aperto le porte ai miei mostri, e li vedo bene bene dritti davanti a me . Ora io però mi nascondo dietro la parta perché affrontarli vorrebbe dire abbandonare cioè con cui ho convissuto da quasi 30 anni. Ma vinco io ! Grazie per le parole stimolanti
Grazie a te, Francesca, per aver condiviso un po’ di te e per il coraggio che traspare dalle tue parole!
Che il tuo cammino sia benedetto.
Un abbraccio grande.