
“Frans Hals – Portret van René Descartes” di Dopo Frans Hals (1582/1583–1666)
Il pensiero, la mente, il cambiamento, la NOA… La lotta tra l’abitudine e l’avventura. Che confusione!
Dalla paura del cambiamento all’evoluzione, c’è un oceano di mezzo da attraversare a nuoto… la Notte Oscura dell’Anima (NOA).
Il cambiamento segue spesso la NOA, e ne è (di solito) una chiara e limpida conseguenza.
La difficoltà sta nell’accettarlo. Non abbiamo tutti la stessa reazione di fronte al cambiamento ed in effetti possiamo dire che esistono 2 grandi categorie di persone:
- quelli che amano il cambiamento
- quelli che amano la routine
La seconda categoria, quella che trova sicurezza nelle proprie abitudini faticherà molto ad accettare il cambiamento e ostacolerà il naturale flusso delle cose ponendo resistenza al cambiamento per paura di perdere quello che è stato con fatica costruito. La NOA ci dice che abbiamo costruito un castello di carta che sta crollando e che dobbiamo ricostruire tutto su basi più sane.
Prima però, dobbiamo distruggere.
La distruzione è una parte importante del processo di costruzione, ne permette la nascita; come la morte permette la rinascita.
Che dietro la paura del cambiamento ci sia quella di morire? Potrebbe essere interessante rifletterci un attimo, ma non è questo il giorno.
Il cambiamento ti porta fuori dalla tua area di comfort, ti porta lì dove non sei mai stato, nel ignoto… Non sai se sarà sicuro, se sarà positivo, se sarà piacevole. E la nostra mente che non perde un colpo per farci sentire a disagio, ci convincerà che infatti troveremo peste, fame, guerra e morte altrove.
Mettiti in testa che la tua mente non ti ama! Il tuo pc ti ama? Certo che no, è una macchina computerizzata priva di emozioni. La mente è simile: presente solo per processare dati, immagazzinare, cancellare, sostituire informazioni, avviare dei programmi inconsci… La tua mente non vuole il tuo “bene” perché non sa cosa sia positivo e negativo, potenziante o depotenziante per la tua evoluzione in quanto non concepisce il cambiamento, lei protegge i meccanismi che conosce e non contempla l’ignoto. Lei si basa su ciò che sa e tende ad ostacolare l’ignoto.
Un altro esempio lampante è che, mentre il corpo mira alla sopravvivenza, la mente è proprio quella che spinge le persone che si ritrovano a vivere periodi di grande fragilità psicologica al contrario, al suicidio. La morte è l’annullamento della mente quindi se fosse intelligente la mente capirebbe che non gli giova questo meccanismo. Ma sappiamo tutti che non è così e questo meccanismo mentale non è “logico” come sembra. La mente non mira alla sopravvivenza.
Quindi perché fidarci di quella voce che ci dice peste di ogni cambiamento? Perché temere il cambiamento quando magari ci troviamo già in una situazione spiacevole? Sicuro che la pseudo-sicurezza di sapere cosa hai a disposizione nella tua area di comfort sia un motivo valido per non considerare ciò che potrebbe essere altro, diverso? Oppure il problema è un altro e non si tenta perché non ci si sente degni di meritarci la felicità? Potrebbero essere molti, i motivi.
Anche qui, da dove viene quella voce che ti ripete costantemente che non te lo meriti, non ne sei degno, è troppo per te? Dalla tua mente.
Tutta colpa di Cartesio e del suo “Cogito ergo sum”!
Non sono solo perché penso, il pensiero non determina l’esistenza dell’individuo, sarebbe come dire che un buddhista che ha trovato lo stato di non-mente non esiste! È molto contorto questo ragionamento!
Ma andiamo oltre l’assurdo: se seguiamo la teoria secondo la quale il pensiero è la prova dell’esistenza umana, vorrebbe dire allora che la routine (strategia della mente) è una prova della propria esistenza e ne è la garanzia. Tutto fila… nel senso sbagliato!
Dov’è allora l’evoluzione? Dove sta l’evoluzione interiore, la fioritura, la ricerca della felicità? Bloccata dalla mente, la ricerca muore prima di nascere, così ci ritroviamo a difendere a spada tratta quello che sappiamo essere sbagliato perché… è sempre stato così!
La routine sta alla felicità come il diavolo all’acqua santa.
Se quello che penso è depotenziante, condizionato in modo errato da certe esperienze, quale garanzia ho sullo svolgimento della mia vita? Dovrei seguire un guida per tutta la vita che si perde in continuazione solo perché conosco solo quella? E se cambiassimo paradigma?
E se scegliessimo noi, nella nostra integrità, corpo, mente e anima (e non solo la mente) di trovare la strada giusta al di là delle paure indotte e delle false credenze, da i mille “è sempre stato così”? Se cominciassimo ad andare oltre la routine, ad accogliere il cambiamento , cosa potrebbe succedere di così terribile?
Non siamo “oltre” i nostri pensieri. E se esistiamo, se vi è una possibilità che conosciamo oltre il conosciuto, lì dove la mente non ha potere, chi siamo al di là di tutto questo? Quale vita può essere? Chi siamo al di là della mente, dei nostri pensieri, delle nostre credenze.
Chi siamo quando la mente tace?
Descartes, o Cartesio, ha ridotto l’uomo alla somma dei suoi pensieri, alle sue nevrosi e ha basato la prova della sua esistenza su ciò, spingendoci ad osannare la dimensione mentale dimenticandoci del resto, a basare i meccanismi che danno vita alla società sulle dinamiche limitate della ragione filtrata dalle nevrosi che ognuno di noi ha. Ed ecco, a mio parere, perché ci blocchiamo: perché i meccanismi, gli ingranaggi della mente non riescono a contemplare tutto il resto che costituisce l’esistenza umana.
Noi non siamo solo la mente, siamo molto di più. Ma ci limitiamo a costruirci sulla base di essa cercando la felicità, sapendo che non vi è felicità dove la mente impera: è un controsenso. La felicità è lì dove siamo integri, dove la mente torna a svolgere il suo compito di trattamento dei dati e dove fa quel passo indietro per permettere alle altre dimensioni del nostro essere di svolgere anche loro il compito a loro assegnato. E a noi, di essere. Essere al di là delle mente, perché noi non abbiamo bisogno di pensare per essere. Il pensiero non condiziona la consapevolezza.
E Cartesio ci ha spinto a confondere il pensiero con la consapevolezza rendendoci delle macchine pensanti e degli esseri umani inconsapevoli. Ma noi siamo più di questo.
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