Faccio una piccola premessa: quanto scriverò è un invito alla riflessione e alla condivisione di idee e non ha nessuna pretesa se non quella di condividere un pensiero maturato tra le mie letture e studi, che sento di voler esprimere senza troppi fronzoli.
Ora che le tecniche sciamaniche sono sdoganate e spoglie per lo più dai vecchi pregiudizi, credo che possa essere utile approfondire un tema un po’ spinoso: esistevano sciamani europei?
Sono anni che studio la questione e non conto i libri letti in proposito e molti sono ancora da leggere, anche se alcuni mi danno filo da torcere per trovarli: sono fuori produzione da molti anni e praticamente introvabili, ma confido che giungeranno prima o poi. Dunque, il quesito è questo: è esistito uno sciamanesimo europeo? Se intendiamo per sciamanesimo una tradizione dell’estasi legata alla comunicazione con gli Spiriti, sì.
Soltanto che nei territori che abitiamo ora, non si chiamavano sciamani in quanto la parola “sciamano” deriva da una parola mongolo-tungusa. Alle nostre latitudini di matrice, in ordine sparso, etrusca, celtica, greco-romana, le parole usate per definire la figura che svolgeva la funzione di ponte tra gli Spiriti e gli uomini era ovviamente diversa.
La tradizione è legata al territorio, alla storia collettiva
Sono stati molti i popoli che hanno abitato la penisola italica in epoca antica e molti di loro avevano un sistema di pensiero spirituale-religioso specifico: i Celti, gli Etruschi, i Greci, i Romani per parlare dei popoli più importanti, ma potremmo parlare anche dei Veneti, dei Siculi, che hanno lasciato importanti testimonianze del loro passaggio. Altro esempio, molto vicino a me geograficamente parlando: gli Euganei, di cui si sa poco o nulla del loro sistema di pensiero e delle loro tradizioni mistico-spirituali, soppiantati dai Veneti.
Certo, ci ritroviamo a risalire parecchio nel tempo ma è utile e importante per chi cerca di praticare lo sciamanesimo in maniera consapevole, soprattutto se la sua pratica si collega intimamente allo Spirito del Luogo, ai Genius Loci, ma anche ai propri Antenati in quanto nascere per generazioni sotto l’ala di un determinato luogo presume una relazione stretta, intima, potente, con alcuni Spiriti tutelari. Ricordiamo che in alcune tradizioni spirituali, tra le quali quella andina, ogni persona può contare sulla protezione degli Apu.
Gli “Apu” nella cosmovisione religiosa andina sono “angeli della natura”, spiriti delle montagne nelle quali vivono materialmente. Sono incaricati dalle divinità per proteggere gli esseri umani, erano considerati come “pastori degli uomini”, li guidano durante la loro vita, dando loro informazioni sul passato e sul presente. “All’interno degli “Apu” ci sono delle precise gerarchie: un apu protettore della famiglia si chiama “Runa Micheq”, l’apu protettore del villaggio/comunità si chiama “Ayllu apu”, l’apu cittadino “Llacta apu”… l’apu delle quattro parti del mondo si chiama “Roal”.” (Fonte: La cosmogonia andina )
Il folklore come strumento di memoria
Nella pratica sciamanica inserita nel sciamanesimo transculturale o essenziale, la pratica è libera dai vincoli della tradizione perché, ahinoi, sono poche le tracce delle tradizioni antiche precristiane legate all’estasi che ci sono giunte. È possibile trovare alcuni vestigi delle antiche tradizioni, poche, nelle pratiche di campagna o isolane, ma spesso il ricordo del significato originario di tali pratiche è in gran parte svanito, a parte qualche fortunate e preziose eccezioni.
Le cose oramai si fanno senza ricordarsi il perché, facendo sprofondare tali pratiche nella superstizione, col rischio che pure la pratica, l’ultima cosa che ci è rimasta, venga abbandonata e dimenticata del tutto. Prendiamo per esempio la tradizione veneta del Bati Marso che ha origini apotropaiche significative e molto antiche che echeggiano nelle filastrocche recitate per l’occasione.
Vegnì fora zente, vegnì vegnì in strada a far casoto, a bàtare Marso co coerci, tece e pignate!A la Natura dovemo farghe corajo, sigando e cantando, par svejar fora i spiriti de la tera! Vegnì fora tuti bei e bruti. Bati, bati Marso che ‘l mato va descalso, femo casoto fin che riva sera e ciamemo co forsa ea Primavera! Vegnì fora zente, vegnì fora!
Far rumore nelle strade per scacciare gli Spiriti dell’inverno e accogliere quelli della primavera è un rito presente in diversi paesi dai tempi più remoti. Usare il suono è una pratica corrente nello sciamanesimo che lo usa anche per ripulire un ambiente dalle energie congeste o mandare via gli Spiriti disturbanti.
Nelle isole, un importante sapere per fortuna è sopravvissuto. Sicilia e Sardegna hanno un loro patrimonio storico, linguistico, culturale e magico-spirituale, proprio al territorio, che è sopravvissuto maggiormente grazie anche all’isolamento geografico, mentre per i “continentali” come noi, la faccenda è più complessa.
Da ciò che emerge dai miei studi personali, molti elementi sono confluiti nell’immaginario collettivo. L’idea che ci facciamo della stregoneria europea è ricca di immagini che, se spogliate dai vecchi filtri e giudizi dei secoli scorsi, possono regalarci molte informazioni, anche se necessitano da noi uno sforzo di traduzione dal simbolo al pensiero razionale. La vecchia strega che nel suo calderone mescola ingredienti improbabili ricorda forse la classe sacerdotale antica che preparava bevande psicotrope per gli iniziandi ai Misteri?
Ciò che possiamo fare per cercare di “recuperare terreno di memoria”, passami il termine, è quello di cercare di riallacciare col nostro passato senza la pretesa di far risorgere le vecchie tradizioni. La distanza di tempo e cultura è ormai talmente grande da non permettercelo più. Prendiamo l’esempio della lingua, dell’idioma.
Il problema della trasmissione
Nessuno di noi parla latino o greco antico nella vita di tutti i giorni, sono lingue considerate morte perché tali sono queste civiltà. Già soltanto l’alfabeto greco è lontano ormai dal nostro sistema di pensiero e questo è un’enorme perdita in quanto la lingua è importante, veicola una forma mentis condivisa, forgia la personalità, la mentalità di una comunità.
Nell’antichità Grecia, ogni lettera era portatrice di un significato prezioso, ce lo confermano alcune fonti ebraiche che seppur avevano verso i Greci una certa antipatia ne riconoscevano la bellezza della lingua. Secondo gli esegeti antichi, soltanto l’antica lingua greca era degna di poter tradurre i testi sacri, proprio in virtù di questa specificità di significati esoterici e spirituali legati alle singole lettere. Le lettere erano vassalli della divinità, un ponte tra l’invisibile e l’uomo. Questo legame ormai è svanito in quanto la lingua stessa ora è svanita e la nostra lingua, il nostro alfabeto è privo dei significati mistici.
Oggi, le lettere greche sono diventate simboli usati nella matematica, nella medicina, nell’ingegneria, prova che qualcosa resta, una vecchia eredità si aggrappa alla storia e cerca di non morire, ma cosa ne è del loro significato originario? Riusciamo a risalire ad alcuni significati che danno piste di indagine. L’alfa derivava dall’alef fenicio che significava “toro”; il delta rappresentava la porta, l’ingresso nella tenda.
Le lettere avevano significati che si rispecchiavano nella loro forma. Le forme diventavano simboli, i simboli portavano significati… tutto questo dietro ogni singola lettera. E molto della trasmissione di questo sapere è stato interrotto.
La perdita di Memoria, le stratificazioni culturali e la nascita dei sincretismi
È accaduto un fatto simile in Egitto, civiltà dall’incommensurabile sapere e conoscenza, che ha influenzato i paesi del bacino mediterraneo. Ciò che ho appreso durante il corso di egittologia sulla cultura scrittoria mi ha sconvolta: Gli Egizi del Medio Regno non erano più in grado di leggere la lingua dei loro antenati dell’Antico Regno e la comprensione dei geroglifici, lingua sacra considerata di origine divina, era quasi scomparsa.
Questo gap linguistico-culturale non è soltanto prerogativa della nostra cultura di origine greco-romana, ma sembra essere condivisa da altre culture. Possiamo trovare un altro esempio questa volta oltre oceano: i Maya e gli Aztechi sembrano condividere radici comuni in una cultura antica di cui si sa ancora ben poco: gli Olmechi. E pensa, nemmeno questo nome in realtà li rappresenta perché si tratta del modo in cui gli Aztechi si riferivano a questa cultura che non avevano conosciuto. Quindi nemmeno si chiamavano così, allo stesso modo la Grecia non si riferisce a se stessa come “Grecia” ma come “Ellas” (gli Elleni). Alcune avanzano l’ipotesi che questa prima civiltà mesoamericana si riferisse a se stessa non come Olmechi (“la gente della gomma” in nahuatl) ma si chiamavano i “Tamoanchan”.
La stratificazione culturale ha portato alla quasi naturale decomposizione del substrato delle civiltà originarie che, come le foglie di un vecchio albero, sono tornate alla terra per nutrire le culture successive. In questo modo le antiche tradizioni preparavano il terreno a “nuove tradizioni”, a pratiche allora sincretiche che mescolavano ciò che restava delle memorie passate con pratiche nuove.
Tuttavia, per queste culture successive risultava difficile, spesso quasi impossibile riallacciarsi con il pensiero spirituale originario, con la Memoria, e recuperare le pratiche cerimoniali, le formule, ecc. Così come capita a noi ora.
La tradizione è legata alla cosmogonia
Il termine “cosmogonia” (dal corrispondente greco κοσμογονία che significa «nascita del cosmo») indica la dottrina o il complesso di miti riguardante l’«origine dell’universo». Mi piace molto questa parola perché ci fa apprezzare letteralmente le nostre origini. Alcune parole che usiamo ogni giorno derivano ancora dal greco e dalla lingua romana.
Un esempio? Gli pneumatici. Pneuma significa “aria”, ma lo Pneuma non è solo aria, è il concetto di Aria legata alla vita, l’Elemento fondatore e fondamentale, il Soffio di Vita, il ‘principio di vita’, è la vita che entra dentro di noi col primo respiro e ci abbandona con l’ultimo. Al livello linguistico, ci resta ancora qualcosa di vago. Certo, gli pneumatici non c’entrano col soffio vitale però la testimonianza delle nostre antiche origini resiste al tempo, e lo fa come può. Ora arriviamo alla mia passione: la mitologia.
Le cosmogonie sono i miti fondatori universali, racconti mitici che spiegano i misteri dell’origine dell’universo. Questi racconti mitologici sono narrati in chiave fantastica, grazie alle figure delle divinità che conosciamo bene nel caso della cosmogonia greco-romana (parlerò di quella greca perché i Romani si sono ispirati un bel po’ da quella greca, anche se con alcune divergenze a volte, legate all’assimilazione dei popoli italici autoctoni).
La cosmogonia delle nostre origini: nascita del mondo e degli dei
La cosmogonia greca è raccontata da Esiodo nella sua Teogonia. Esiodo racconta di essere stato un pastore tra gli altri, figure spesso apostrofate di essere null’altro che dei ventri (quindi vili dediti soltanto alle necessità più comuni), finché le muse si rivolgono a lui e gli offrono un bastone ornato di foglie di alloro e così inizia l’inizio della trasmissione della cosmogonia greca.
Ovviamente qui c’è una ricchissima simbologia, che non tratterò qui altrimenti questo articolo, non finirà più. Considereremo un’informazione utile: le Muse sono figlie di Mnemosine, la Memoria. Cosa succede? Esiodo, probabilmente attraverso tecniche dell’estasi proprie al culto di Apollo, riceve in dono il racconto dell’inizio del mondo, un frammento della memoria primigenia. Non ci parla quindi di una trasmissione da uomo a uomo ma di una rivelazione diretta, da divinità a uomo. Come avviene questa trasmissione? Attraverso l’estasi, che sia poetica o di altra natura, questo stato crea una connessione che permette di risalire ad un tempo in cui l’essere umano esisteva soltanto come Idea. Forse.
«La Teogonia esiodea sembra riflettere la dottrina teogonica dei sacerdoti di Apollo delfico. In origine sarebbe stato il Χάος, il “vuoto primordiale” e poi Γαῖα, la Terra, ed Ἔρως o amore, come attrazione reciproca e principio di unione ed armonia» (Ilaria Ramelli e Carlo del Grande, Teogonia, in Enciclopedia filosofica, vol. 11, Milano, Bompiani, 2006, pag. 11416)
Ciò che possiamo osservare è che l’estasi legata alla tradizione di Apollo, una divinità estremamente importante per quello che alcuni studiosi chiamano sciamanesimo della Grecia Antica, permette a Esiodo di recuperare dei frammenti di memoria legati ad un tempo in cui lo spazio e il tempo non esistevano ancora.
«Dunque, per primo fu il Chaos, e poi Gaia dall’ampio petto, sede sicura per sempre di tutti gli immortali che tengono le vette dell’Olimpo nevoso, e Tartaro nebbioso nei recessi della terra dalle ampie strade, e poi Eros, il più bello fra gli dèi immortali, che rompe le membra, e di tutti gli dèi e di tutti gli uomini doma nel petto il cuore e il saggio consiglio. Da Chaos nacquero Erebo e nera Nyx. Da Nyx provennero Etere e Emera che lei partorì concepiti con Erebo unita in amore» (Esiodo, Teogonia, 116-125).
Dove sono gli dei antichi ora?
Della culla della nostra civiltà ci resta la memoria delle divinità che hanno guidato i nostri predecessori. Queste divinità sono degli Arche-tipi, le emanazioni dell’Archè, della sostanza primordiale, da cui derivano tutte le cose. Gli Archetipi sono Forze che si relazionano con l’uomo, che pervadono la sua vita. James Hillman affermava che gli dei non sono scomparsi, anzi! Continuano a pervadere le nostre esistenze senza che ce ne rendiamo conto, a secondo delle loro qualità. Ermes, dio dai piedi alati, veloce messaggero, dio degli incrocio e degli scambi e del pensiero veloce e mutevole è ora patrono di internet, della borsa, delle autostrade, dei treni ad alta-velocità. Lo scambio di informazioni è sotto la sua tutela.
“Ermes-Mercurio oggi è dovunque. Vola per l’etere, viaggia, telefona, è nei mercati, e gioca in borsa, va in banca, commercia, vende, acquista, e naviga in Rete. Seduto davanti al computer, te ne puoi stare nudo, mangiare pizza tutto il giorno, non lavarti mai, non spazzare per terra, non incontrare mai nessuno, e tutto questo continuando a essere connesso via Internet. Questa è Intossicazione Ermetica” [J. Hillman, in L’anima del mondo, intervista con Silvia Ronchey, Milano, Rizzoli, 2001]
Gli dei che hanno plasmato il pensiero greco-romano, culla della nostra cultura, sono ancora qui e la provvidenza vuole che ci è rimasto un sottile filo mitologico e storico a permetterci di risalire fino a loro.
Ricordo e Memoria, parti fondamentali della trasmissione
Non me ne vogliano gli amici e i lettori legati alla mitologia norrena se prendo in prestito all’Edda due figure legate a Wotan (Odino) che sono per l’appunto i suoi due corvi fidati che rappresentavano il Ricordo e la Memoria.
Spesso il ricordo e la memoria vengono confusi ma personalmente, e a rischio di sbagliare, ci vedo due energie, due concetti, che si completano. La Memoria è ciò che viene trasmesso, è legata al pensiero, alla sfera mentale, intellettuale, a ciò che riguarda la collettività; forse è un principio condiviso che viene accolto e trasmesso evitando il più possibile il rischio di corruzione? Esiodo ci trasmette frammenti di Memoria, trasmessi dalle sue stesse figlie, le Muse. Non ci trasmette il ricordo della nascita del mondo, perché lui non c’era, ma c’era la Memoria: il racconto trasmesso. La tradizione.
Il ricordo invece, per sua etimologia, sembra riportarci a qualcosa di diverso. Ricordare deriva dal latino ‘recordare‘, cioè ‘indietro col cuore’, ‘richiamare nel cuore’. La sua sfera è quella personale, del vissuto diretto. Puoi avere memoria dei tuoi Antenati ma non il ricordo se non li hai direttamente conosciuti. Il ricordo si riferisce non soltanto alla sfera emotiva perché il cuore, anticamente, non era connesso soltanto ai sentimenti ma anche all’anima.
È possibile quindi che il Ricordo sia ciò che connette l’individuo alla Memoria. Qualcosa dentro di lui deve muoversi, fluire, vivere in qualche modo per riallacciarsi alla Memoria. Così come il contatto intimo, estatico con le divinità richiede un coinvolgimento non soltanto di pensiero ma dell’essere, il ricordo e quindi l’imprimere informazioni al livello personale e più profondamente ancora, al livello spirituale richiede il coinvolgimento del cuore.
Probabilmente questo contatto estatico diretto è ciò che permette ad una tradizione di prosperare. A noi è rimasta la Memoria, ma non il Ricordo, soppiantato dal cristianesimo, che può contare su ferventi fedeli che portano nel cuore le loro scritture sacre e le figure che costellano la mitologia cristiana. Ma ci sono persone che hanno sempre mantenuto nel cuore un forte legame con le divinità originarie e con la loro terra.
Nei viaggi sciamanici, è possibile riconoscere come Spiriti-Guida e Maestri le figure che costellano la mitologia. L’esperienza estatica diventa così occasione di contatto diretto nella realtà non-ordinaria, e quindi di ricordo sebbene continui a mancare molti frammenti di Memoria, quasi tutti quelli che riguardano il “come” dell’estasi tradizionale legata nel nostro caso ai nostri territori: come avveniva, quando, perché? Quali tecniche erano usate per giungere al contatto con l’invisibile?
Le tecniche estatiche dei Misteri univano Ricordo e Memoria
Gli studiosi della storia delle religioni che si sono chinati sul mistero dei Misteri Eleusini hanno scoperto che la trance visionaria dei Grandi Misteri che avveniva intorno al mese di settembre/ottobre nel Telesterion era legata ad una bevanda sacra: il ciceone, preparato con dovizia grazie ad alcuni ingredienti ed accorgimenti tenuti segreti in seno a poche famiglie che si tramandavano la ricetta di generazione in generazione.
Cosa c’era nel Ciceone e qual era la sua funzione? Secondo Robert Gordon Wasson, Albert Hofmann e Carl A. P. Ruck, esperti in antropologia, storia delle religioni e micologia, c’era all’interno una sapiente miscela di sostanze psicotrope in grado di produrre uno stato di trance estatica, inscritta in una rappresentazione dei Misteri di Demetra, Persefone e Ade in grado di mettere in comunicazione le divinità con la persona stessa che riceveva l’insegnamento, la rivelazione in forma diretta. Nessuno poteva condividere ciò che aveva visto/vissuto nel Telesterion. E probabilmente nemmeno ci sarebbe riuscito senza sembrare un folle agli occhi dei non iniziati.
Vediamo qui la perfetta unione tra la trasmissione della Memoria con l’unione dell’esperienza che genera il Ricordo. In mezzo, c’è l’esperienza estatica, la trance, una triade misterica. Non c’è una trasmissione del ricordo, perché è intima e personale, nessuno può dire ad una persona in stato di trance cosa deve vedere o come, perché è la comunione diretta con la divinità a portare alla rivelazione, tuttavia in questo processo è incluso una componente umana: la trasmissione da individuo a individuo è importante in questa fase ma nel ruolo di guida, chi accompagna sul cammino per poi permettere all’iniziando di varcare da solo la porta del Mistero ed incontrare la divinità, nel mondo degli Spiriti, nella realtà non-ordinaria.
L’interruzione delle nostre tradizioni
La trasmissione umana dei saperi estatici è stata ad un certo punto della storia ostacolata, vietata, condannata, anche con gravi ripercussioni dalla “nuova” religione cristiana anche se le religioni pagane osservavano il loro tramonto all’orizzonte, portando alla scomparsa di una molle considerevole di insegnamenti e arti. Alla luce di tutto questo, è difficile pensare di recuperare l’integralità delle nostre antiche tradizioni estatiche precristiane.
Ma non è detto che dobbiamo farlo…
Ora non voglio entrare nel merito della diatriba tradizione/sincretismo ma voglio soltanto invitare ad osservare senza giudicare un fatto della storia. Ciò che noi oggi consideriamo come tradizione, ad un certo punto della Storia è nato come un evoluzione del percorso fino a quel momento intrapreso, aggiungendo o cambiando alcuni aspetti, seguendo l’evoluzione delle rappresentazioni che l’uomo dell’epoca percepiva delle divinità, di questi Arche-tipi così onnipervasivi.
I sincretismi sono stati numerosi anche nel pensiero greco, basta pensare alla figura di Medusa che ci parla delle antichissime dee-serpenti pre-elleniche, per esempio.
Gli sciamani greci avevano un altro nome
Sarebbe impensabile recuperare le antiche tradizioni estatiche europee di cui il filo delle trasmissioni dirette tra individui è stato irrimediabilmente interrotto. Non bastano i racconti, i miti, le informazioni frammentarie che sono giunte fino a noi perché manca la trasmissione, l’accompagnamento e l’insegnamento umano che si è affinato lungo le esperienze vissute.
Non recupereremo probabilmente mai questa parte. Almeno che da qualche parte, un piccolo gruppo di tradizionalisti greci sia riuscito a sopravvivere alle persecuzioni cristiane e a mantenere ininterrotto questo fil rouge, dall’antichità fino a noi.
E anche se fosse, occorrerebbe che il contatto con le divinità tutelari di queste tradizioni, che siano Apollo, Dioniso, Medusa,… contempli ancora l’insegnamento di ciò che noi oggi, Europei del bacino Mediterraneo, chiamiamo con l’appellativo di “sciamanesimo”, prendendo a prestito un termine tunguso. Potrebbe essere interessante risvegliare il suono, insufflare nuova energia nell’appellativo della nostra cultura che si rappresentava l’insieme delle pratiche estatiche nel muovere i primi passi in questo viaggio verso la Memoria.
Lo sciamanesimo greco antico era designato col nome di ἰατρόμαντις.
Lo iatromante era un profeta-guaritore, un uomo di Medicina connesso al culto di un dio dal quale riceveva informazioni, insegnamenti, pratiche, entrando in uno stato chiamato ἐγκοίμησις, enkoimesis. I seguaci del culto di Asclepios raggiungevano lo stato di “incubazione”, uno stato ampliato di coscienza. attraverso il digiuno, la meditazione in fase preparatoria mentre il contatto col dio e la guarigione avvenivano attraverso il sogno.
Gli iniziati del culto di Demetra e Persefone assumevano il ciceone, una bevanda psicotropa di cereali e piante sacri alla dea che portava alla psychedelia (ovvero “l’estensione della coscienza”). Sappiamo che la Pizia di Apollo profetizzava masticando foglie di alloro e respirando esalazioni che provenivano da una fenditura nel terreno. Le Baccanti e gli iniziati a misteri dionisiaci onoravano Dioniso cibandosi dell’uva che come il dio era morta e rinata, portandoli alla follia iniziatica, estatica, che li collegava al dio della vegetazione, della vita, dell’oltretomba e dell’uva. (le similitudini tra Dioniso e Osiride sono qui assai curiose).
Culti diversi, divinità diverse e la ricerca dello stesso stato ampliato di coscienza che permetteva il contatto diretto con la divinità.
Recuperare la nostra Memoria, per connetterci ai “nostri” Spiriti
L’archeologia, la mitologia e la storia ci ricordano che la chiamata all’estasi che molti sentono dentro è legittima. Potrebbe essere un sussulto della nostra Memoria condivisa? Chissà.
Però occorre muovere i passi con umiltà e rispetto, tornare ad onorare la nostra terra, ascoltarla, recuperare ciò che spesso è seppellito nel fango. Sulle nostre terre hanno camminato popoli illustri e saggi di cui sappiamo ancora così poco.
Riallacciarci alla nostra Memoria, anche parziale è a mio parere personale un modo per onorare la nostra terra e gli Spiriti che l’abitano. Possiamo farlo attraverso gesti semplici e ascolto profondo, camminando nei luoghi importanti dove sentiamo forte la presenza dei Genii Loci, avendone cura della terra. L’impegno nel proteggere la natura sarà certamente un’offerta gradita dagli Spiriti. Anche le parole hanno un potere e ritrovare nei meandri della nostra storia collettiva quelle che le vicissitudini di potere hanno cercato di cancellare attraverso le persecuzioni religiosi può essere un modo per connetterci con gli Spiriti tutelari dei nostri territori.
Tornare a studiare la nostra storia è un modo per onorare i nostri Antenati, vicini e lontanissimi. Allo stesso modo in cui disegniamo il nostro albero genealogico cercando informazioni e racconti sui membri della nostra famiglia è un modo per onorare il proprio passato e i nostri Antenati, credo personalmente che includere lo studio storico-antropologico nella pratica sciamanica sia un modo per sviluppare una pratica più consapevole e rispettosa della terra che freme di millenni di vita sotto i nostri piedi.
Se vuoi approfondire:
- Coscia, Alessandro. Iatromanti, sciamani, uomini divini? Aristea di Proconneso e la tradizione pitagorica. Quaderni di Classiconorroena 1 (2005)
- Mazari Francesca. Melampo. Breve biografia di un indovino guaritore. Per un atlante antropologico della mitologia greca e romana. I Quaderni del Ramo d’Oro on-line Numero Speciale, 2012.
- Tonelli Angelo, Eleusis e Orfismo: I misteri e la tradizione iniziatica greca. Feltrinelli Editore, 2015.
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